Il concetto di linee guida della responsabilità medica in ambito sanitario ha assunto negli anni connotazioni e ruoli differenti, fino a rientrare, insieme al rispetto delle buone pratiche clinico-assistenziali, tra i parametri di valutazione in sede giudiziale della condotta di medici e operatori sanitari.
Cosa si intende per linee guida in ambito medico
Le linee guida della responsabilità medica possono essere definite come un insieme di raccomandazioni pratiche, condivise da medici e comunità scientifica, in grado di fornire una direzione all’operato in ambito sanitario. Le linee guida rappresentano uno strumento utile nel supportare decisioni e nel valutare il rapporto rischio-beneficio di interventi che nel caso specifico comportano per natura conseguenze, lievi o importanti, sulla salute e sulla vita del paziente.
Va da sé, considerate le innumerevoli variabili in gioco, le possibili complicanze e la delicatezza di alcune scelte, che le linee guida rappresentino per il medico indicazioni di riferimento alle quali attenersi senza per questo che esista un obbligo inderogabile di applicazione, che non terrebbe conto della necessità di adattare il proprio operato al singolo caso. Considerato cioè il fine ultimo di salvaguardare la salute del paziente, adoperandosi al massimo delle proprie possibilità e nel rispetto della deontologia professionale, può essere diritto e dovere del medico anche discostarsi dalle linee guida quando il caso concreto lo giustifichi e lo richieda.
Per lo stesso motivo, il mero rispetto delle linee guida non sempre può essere considerato un mezzo difensivo per deresponsabilizzare il medico che abbia commesso un errore. A questo proposito sono necessarie alcune precisazioni, dal momento che il concetto di linee guida ha avuto un’evoluzione all’interno della legislazione in materia.
Il passaggio dalla legge Balduzzi (L. 189/2012) alla legge Gelli-Bianco (L. 24/2017)
La legge Balduzzi (189/2012), poi superata dalla legge Gelli-Bianco (24/2017), conteneva una serie di disposizioni volte a riformare il sistema sanitario sotto vari aspetti, inclusa la gestione dei casi di medicina difensiva.
Al fine dichiarato di evitare pratiche diagnostiche inutilmente costose e talvolta persino dannose per il paziente, avviate al solo scopo di scongiurare eventuali ricorsi e responsabilità civili e penali, l’articolo 3 della legge puntava a regolare il concetto di responsabilità professionale. Stabiliva in particolare che non sarebbe stato tenuto a rispondere penalmente dei casi di colpa lieve chi nell’esercizio della professione sanitaria si fosse attenuto al rispetto delle linee guida e delle buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica. È evidente come in questo contesto normativo le linee guida assumessero un certo rilievo, pur mancando, ed è questa una delle tante criticità sollevate dalla norma, la possibilità di stabilire quali linee guida, tra quelle nel tempo elaborate, rispondessero a criteri e requisiti tali da rivestire un ruolo in questo senso.
La legge Gelli-Bianco interviene su questo punto all’articolo 5, stabilendo che gli esercenti professioni sanitarie debbano attenersi “salve le specificità del caso concreto” a linee guida “elaborate da enti e istituzioni pubblici e privati nonché dalle società scientifiche e dalle associazioni tecnico-scientifiche delle professioni sanitarie iscritte in apposito elenco istituito e regolamentato con decreto del Ministro della salute […] e da aggiornare con cadenza biennale.”
La responsabilità penale dei medici
Mentre introduce un’indicazione più stringente rispetto a quali scelte e comportamenti il professionista è chiamato a tenere, con effetti anche sul piano civile e penale, la legge Gelli-Bianco considera la possibilità di discostarsi dalle stesse linee guida quando il caso concreto lo richieda, come anche di ricorrere, in mancanza di raccomandazioni ufficiali adatte al caso specifico, al semplice rispetto delle buone pratiche clinico-assistenziali, caratterizzate, sul piano concreto, da una maggiore discrezionalità. La possibilità e in alcuni casi l’obbligo di discostarsi all’occorrenza dalle linee guida risponde del resto alla necessità di non far venire meno principi indispensabili di autonomia, indipendenza e responsabilità nell’operato in ambito medico-sanitario.
L’articolo 6 della legge Gelli-Bianco esclude la punibilità di eventi verificatisi causa imperizia quando si dimostri di avere operato nel rispetto delle linee guide pubblicate ai sensi di legge o, in mancanza, delle buone pratiche clinico-assistenziali, sempre che risultino adeguate al caso concreto (Art. 590-sexies del Codice Penale). Nella fattispecie, se confrontata alla legge Balduzzi, la legge Gelli-Bianco restringe il campo della non punibilità, prima esteso nello stesso contesto anche ai casi di negligenza e imprudenza.
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