Gli errori medici e le carenze proprie delle strutture sanitarie possono causare un complesso di situazioni che si concretizzano sostanzialmente in un fallimento nella prestazione dei servizi offerti al paziente da parte del medico o della struttura sanitaria (sia pubblica che privata). Quanti sono, però, i casi di malasanità in Italia al giorno d’oggi?
In questo articolo, cercheremo di analizzare l’incidenza in Italia e nel mondo degli errori medici, statistiche e dati alla mano.
La situazione generale
Possiamo individuare errori medici di diversa natura (diagnostica, terapeutica, interventistica chirurgica, ginecologica, informativa, ecc.), così come è possibile riconoscere responsabilità a carico della struttura ospedaliera che riguardano carenze di tipo diverso (igiene degli ambienti, organizzazione del personale, attrezzature, inadeguatezza della struttura stessa, ecc). Tali situazioni acquistano rilevanza, ai fini del risarcimento, quando generano al paziente (e/o ai suoi familiari) un danno per lesione o decesso, ossia un caso di malasanità che genera danni risarcibili.
Le statistiche ci dicono che i casi di malasanità, intesa come “evento/danno”, rappresentano ancora oggi una percentuale piuttosto alta, nonostante gli sviluppi della scienza che nel corso degli anni ha dettato protocolli sempre più stringenti, tesi a limitare al minimo gli errori medici e le carenze delle strutture sanitarie.
Uno studio del 2018 dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, Delivering quality health services, segnala infatti che il costo dovuto agli errori medici, globalmente, è di circa 42 miliardi di dollari ogni anno. I casi di malasanità, inoltre, non avvengono solo nei Paesi in via di sviluppo: nei Paesi ad alto reddito, statisticamente, un paziente ogni dieci viene danneggiato dai trattamenti medici a cui viene sottoposto e sette pazienti ogni cento contraggono un’infezione in ospedale (il numero sale a un paziente ogni dieci nei Paesi a basso reddito).
Nel 2017, invece, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico ha pubblicato The Economics of Patient Safety, un documento che denuncia le gravi conseguenze economiche degli errori medici: nei paesi OCSE, circa il 15% delle spese sostenute dalle strutture sanitarie serve a trattare le conseguenze di cure improprie o errate nei pazienti. Segnala, inoltre, che molti dei casi di malasanità potrebbero essere facilmente evitati con migliori investimenti, politiche e prassi; i costi legati alla prevenzione, infatti, sono generalmente inferiori a quelli dovuti alle conseguenze di errori medici e trattamenti sbagliati.
Casi di malasanità in Italia
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, i casi di malasanità nell’Unione Europea rappresentano una percentuale che va dall’8% al 12% dei ricoveri, ma la percentuale oscilla tra i Paesi membri.
In Italia non abbiamo dati certi, ma uno studio recente segnala oltre 320 mila casi di malasanità, il 45% al sud e isole, il 23% al centro e il restante 32% al nord. I numeri maggiori si notano nelle aree con minori strutture e personale sanitario.
I casi di malasanità in percentuale maggiore sono da ricondurre a:
- errati interventi chirurgici (circa il 39% dei casi);
- errate diagnosi (circa il 21% dei casi);
- errate terapie (circa l’11% dei casi);
- errata gestione dei parti (circa l’11% dei casi).
Una percentuale certamente alta riguarda le infezioni contratte dai pazienti in ospedale che fa contare in Italia circa 530 mila casi al giorno, con una percentuale di oltre il 6% dei ricoveri, che ci pone all’ultimo posto tra i paesi membri dell’UE. Questo dato conduce a circa 6.000 decessi all’anno (più di 16 persone al giorno), oltre a causare una maggiore degenza ospedaliera (con aggravio anche della spesa pubblica) e disabilità permanenti evitabili.
Allo stesso tempo, però, va rilevato che in Italia il tasso di mortalità, per ragioni riconducibili ai servizi sanitari, è inferiore rispetto alla media Europea, con circa 42.000 decessi all’anno per malasanità, rispetto ai 571.000 decessi registrati in tutta Europa. È un numero che rimane comunque elevatissimo, se si considera che il dato corrisponde a cinque decessi all’ora, con un valore medio nazionale di circa 70 casi su 100.000 abitanti.
Ad influire negativamente sono lo scarso numero di posti letto e un numero insufficiente di personale sanitario, che costringe medici ed infermieri a lavorare in condizioni di stress che inevitabilmente aumentano le probabilità di errore umano.
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